AIR, STORIA DELLA RIVOLUZIONE NEL MARKETING SPORTIVO
- maximminelli
- 18 mag
- Tempo di lettura: 10 min

Come una scarpa ha cambiato per sempre il mondo dello sport, del business e della cultura pop
Quasi nello stesso momento, si presentò da noi un altro curioso inventore di scarpe. Si chiamava Sonny Vaccaro e, quanto a singolarità, non era da meno di Frank Rudy. Basso, rotondo, sguardo mobilissimo, parlava con voce roca e un accento italiano americanizzato, o americano italianizzato: difficile dirlo. Era uno shoe dog, poco ma sicuro, ma uno shoe dog che usciva dritto dal Padrino. Quando arrivò per la prima volta alla Nike, aveva con sé diverse scarpe di sua invenzione, che suscitarono grasse risate al tavolo della sala riunioni. Non era un altro Rudy. Ma durante la conversazione affermò di essere amico degli allenatori di basket di ogni college del paese. In qualche modo, anni prima, aveva ideato il Dapper Dan Classic, un popolare torneo di basket con i migliori atleti delle superiori che era stato un grande successo, e grazie al quale era riuscito a conoscere tutta la crème degli allenatori.
(da Phil Knight, L´arte della vittoria, Mondadori)
Nel panorama cinematografico recente, "Air – La storia del grande salto" (2023), diretto da Ben Affleck e prodotto da Amazon, emerge come qualcosa di unico: non il classico film sportivo incentrato su vittorie sul campo, ma un'avvincente storia di intuizione, rischio calcolato e visione che ha trasformato radicalmente il marketing sportivo globale. Questa pellicola ci trasporta nell'universo Nike degli anni '80. L'azienda di Beaverton in Oregon, era relativamente giovane e si trovava allora a rincorrere colossi quali Converse e Adidas, come terza forza nell´abbigliamento e nelle calzature per il basket. Fu così, che con una mossa tanto azzardata quanto geniale, il leggendario fondatore Phil Knight e un esperto di sport e marketing come Sonny Vaccaro decisero di scommettere tutto su un rookie dal talento straordinario: Michael Jordan.
La scommessa che cambia tutto
Il 1984 rappresenta un punto di svolta nella storia del marketing sportivo. Nike è un'azienda che fatica a trovare la propria identità nel mondo del basket, in quanto il pubblico la considera principalmente come brand per runner. Si trattava di una direzione che era stata segnata sin dalle origini da Phil Knight (Ben Affleck), che proprio dall´atletica leggera proveniva.
La rivoluzione arriva quando Sonny Vaccaro, scout e visionario, interpretato magistralmente da Matt Damon: questo italo-americano con un passato da atleta individua in un giovane Michael Jordan non solo un giocatore promettente, ma un potenziale fenomeno culturale.
Vaccaro si rende conto di qualcosa che nessun altro vede: quel ragazzo appena uscito dal college non è semplicemente un talento cestistico superiore alla media. È una futura icona capace di andare oltre i confini dello sport. Con questo intuito, si lancia in una battaglia interna all'azienda, convincendo i vertici Nike a investire l'intero budget per il marketing basket su un singolo atleta, per di più giovane e ancora quasi sconosciuto. Una mossa senza precedenti, considerata folle da molti.
Nike nel 1984: outsider del basket
Per comprendere la portata rivoluzionaria di questa scelta, bisogna contestualizzare la posizione di Nike nel mercato delle scarpe da basket dell'epoca. L'azienda non era minimamente considerata dai giocatori professionisti. Il duopolio Converse-Adidas dominava incontrastato, con Converse che calzava i piedi delle star NBA e Adidas che rappresentava lo standard europeo di eccellenza. Per la storica marca americana facevano da testimonial star come Magic Johson e Larry Bird Per l´azienda tedesca, invece, aveva una quota decisamente inferiore sul mercato statunitense del basket, ma poteva vantare una presenza più internazionale anche grazie ad altri sport in virtù degli standard qualitativi europei.

Lo stesso Michael Jordan, come viene raccontato nel film, non nascondeva la sua preferenza per Adidas. Nike era percepita come un'azienda da jogging, non da parquet. Questa condizione di underdog è magistralmente rappresentata nelle scene ambientate nel quartier generale Nike, dove si respira un'atmosfera da startup ante litteram più che da multinazionale.
Il ruolo decisivo di Deloris Jordan
Uno degli elementi più affascinanti di "Air" è il ruolo centrale attribuito a Deloris Jordan, madre di Michael, interpretata da un´intensa Viola Davis. La pellicola sovverte il classico schema narrativo del mondo degli affari sportivi, dominato da figure maschili, per mettere in primo piano una donna determinata e lungimirante.

È Deloris a intuire il valore a lungo termine della partnership con Nike. Mentre il padre di Michael fa più una parte da comprimario, è lei che, contro ogni prassi dell'epoca, pretende per il figlio non solo un compenso sostanzioso, ma soprattutto una percentuale su ogni paio di scarpe vendute. Una clausola rivoluzionaria che getta le basi per il concetto moderno di "signature shoe" e che trasformerà suo figlio da semplice testimonial a vero e proprio brand.
La scena della negoziazione telefonica tra Deloris e Vaccaro rappresenta uno dei momenti più intensi ed emozionanti del film, mostrando come dietro le più grandi rivoluzioni commerciali ci siano spesso intuizioni che nascono fuori dalle sale riunioni dei grandi manager e vengono contrattate da intensi e sinceri rapporti umani.
Un avvincente business movie
La genialità di Affleck come regista si manifesta nella capacità di trasformare quello che potrebbe sembrare un freddo case study della Harvard Business School in un racconto avvincente e ricco di tensione. "Air" è un business movie che riesce nell'impresa di rendere emozionanti le discussioni strategiche, le trattative contrattuali e le intuizioni di marketing. SÍ, emozionanti: mi sono emozionato quando Damon-Vaccaro tiene un profondo discorso, quando lo staff di Nike presenta alla famiglia Jordan il proprio progetto e la proposta di business da costruire intorno a Michael, così come mi sono emozionato ai colloqui telefonici tra Vaccaro e Jodys Jordan, che concludono l´accordo. Ho provato un senso di condivisione per questi "eroici" manager, che vincono la loro battaglia contro i grandi dell´abbigliamento sportivo.
La scelta di non mostrare mai Michael Jordan, se non di spalle o in lontananza, è una mossa narrativa audace che sposta completamente il focus della storia: non è un biopic sul campione, ma il racconto di come persone comuni possano avere intuizioni straordinarie e cambiare il corso degli eventi. Come ricorda giustamente Federico Pedroni su Cineforum: "Il campione assoluto non è mai inquadrato in volto, assume su di sé il ruolo di un'icona, il peso di una metafora, l'aureola di un mito." Vediamo il grande campione americano non come copia attraverso un attore, ma nella realtà, attraverso spezzoni delle sue partite e delle sue apparizioni mediatiche.

Il film eccelle nel creare suspense anche quando l'esito è noto a tutti. Sappiamo che Nike e Jordan hanno fatto la storia insieme, eppure ogni ostacolo, ogni dubbio, ogni resistenza interna all'azienda viene rappresentata con tale intensità da farci dubitare del risultato finale. Si tratta di un merito non da poco. Affleck adotta una regia classica e limpida, al servizio della sceneggiatura brillante di Alex Convery e delle interpretazioni attoriali. Il film è solido, strutturato e coinvolgente a tratti. Utilizza musica e immagini degli anni '80 per catapultare lo spettatore in medias res, puntando sul potere della parola e della recitazione piuttosto che su effetti speciali. È una scelta che riflette un recupero del cinema classico, pensato per un pubblico attivo e partecipe.
La sceneggiatura è uno dei principali punti di forza del film. La narrazione si basa su un confronto serrato di idee e dialoghi, richiamando lo stile di Aaron Sorkin, in particolare in un altro film sullo sport, "Moneyball" (2001), altra storia di un rivoluzionario outsider nel management sportivo. In entrambi i film, è la prospettiva individuale – l'intuizione di un singolo – a sovvertire regole e modelli consolidati. In "Air" è la variabile umana, non i numeri, a cambiare per sempre il modo di fare marketing nello sport.
La rivoluzione di Air Jordan: molto più di una scarpa
Il resto della storia non viene narrata dal film se non con le didascalie nei titoli di coda. Il primo anno di commercializzazione delle Air Jordan generò 126 milioni di dollari di ricavi, una cifra che superò di gran lunga le più ottimistiche previsioni Nike. Ma "Air" ci ricorda che la vera rivoluzione non fu economica, bensì culturale.
Le Air Jordan non erano semplicemente un prodotto, ma l'inizio di un nuovo paradigma: l'atleta che diventa brand, la scarpa sportiva che diventa oggetto di culto, lo sportivo che diventa icona di stile. Senza quell'accordo pionieristico, probabilmente oggi non avremmo le collaborazioni tra star e brand di sneaker, o di altri accessori sportivi, il fenomeno del reselling, la sneaker culture e l'intero universo dello streetwear contemporaneo.
Il film illustra perfettamente come questa rivoluzione non sia stata casuale, ma frutto di una visione strategica che ha saputo cogliere i cambiamenti sociali e culturali in atto: l'ascesa della cultura hip-hop, la crescente importanza dello stile personale, la nascita dell'atleta come personaggio mediatico a tutto tondo.
Perfetta ricostruzione di un´epoca
Dal punto di vista stilistico, "Air" è un tripudio di nostalgia anni '80 magistralmente orchestrata. La colonna sonora, ricca di hit dell'epoca, non è un semplice ornamento ma un elemento narrativo che contribuisce a immergerci in quell'atmosfera di cambiamento e possibilità. Non a caso il film si apre con immagini iconiche di quel decennio: la borsa e gli yuppies, Reagan e il fenomeno dell´aerobica, l´ascesa di Apple e scene da blockbuster del tempo. Il tutto sulle note di "Money for nothing" dei Dire Streets. I costumi, le acconciature, gli interni degli uffici Nike ricreati con maniacale attenzione per i dettagli ci trasportano in un'epoca di transizione: dal conservatorismo degli anni precedenti a un nuovo modo di concepire business, marketing e comunicazione.

Particolarmente riuscita è la rappresentazione visiva del processo creativo che ha portato alla nascita del logo Air Jordan, prima il pallone con le ali e poi quel "Jumpman" che è diventato un'icona globale riconoscibile quanto il simbolo della pace o la mela morsicata di Apple. In questo, e anche nel processo generale di rapida creazione del modello di scarpa, costruita intorno a Jordan, è un omaggio a Peter Moore (Matthew Maher), il designer che ha avuto queste geniali intuizioni, morto poco prima dell´uscita del film (come ricorda una didascalia a fine pellicola). A dire il vero, forse si sarebbe dovuto ricordare che Moore non lavorava in esclusiva per Nike, ma ha collaborato con successo anche con i rivali di Adidas; ma forse meglio così, la storia del piccolo drappello di eroi del giovane marchio proveniente dall´Oregon risulta più coinvolgente.
Una storia esemplare di marketing
Ciò che rende "Air" un film di ampio respiro, capace di parlare anche a chi non è appassionato di basket o di sneaker, è la sua capacità di toccare temi universali attraverso una storia specifica:
Il film racconta una storia di visione e coraggio, mettendo in luce la capacità di alcune persone di guardare oltre l'immediato, intuire il potenziale dove altri non vedono nulla e avere il coraggio di rischiare per dare forma a un'idea che sembra folle, ma che si rivelerà vincente. Al centro di questa intuizione non ci sono solo numeri o strategie di marketing, ma anche il ruolo decisivo dei legami umani. In particolare, come già accennato, emerge con forza la figura della madre di Michael Jordan, che incarna il valore della famiglia e della lealtà. È lei a proteggere e guidare il figlio in un momento cruciale, diventando simbolo della forza silenziosa che sostiene le grandi scelte della vita.
La forza della partnership tra Nike e Michael Jordan non risiede solo nel marketing, ma nell'autenticità che essa trasmette. Non si tratta di una mera operazione commerciale, ma di un'unione in cui si percepisce verità, passione e convinzione: elementi che rendono quel prodotto molto più di una semplice scarpa da ginnastica. L'autenticità diventa così un valore di mercato, una leva potentissima che parla direttamente all'immaginario collettivo.

Infine, la nascita delle Air Jordan segna una vera e propria rivoluzione culturale. Da quel momento in poi, lo sport non è più solo competizione, ma lifestyle. Si mescola con la moda, con l'intrattenimento, con la narrazione dei miti moderni. Il confine tra campo da gioco e passerella si sfuma, dando vita a una nuova estetica, a un nuovo modo di vivere e raccontare lo sport nella società contemporanea.
Il film ritrae un gruppo di uomini che rappresentano il capitalismo al suo apice, un sistema che si compiace e si celebra. Ma lo fa con intelligenza e brillantezza, credendo nel potere della narrazione. La morale è più commerciale che etica: sono gli uomini e le loro idee folli a influenzare il mercato e creare icone. Il film è profondamente americano, nel bene e nel male, e offre una riflessione lucida sul legame tra marketing, intuizione e successo.
Impatto culturale di una scarpa sportiva
A distanza di quasi quattro decenni da quegli eventi, possiamo apprezzare quanto sia stata rivoluzionaria l'intuizione di Vaccaro e del team Nike. Le Air Jordan hanno generato ricavi per oltre 5 miliardi di dollari all'anno negli ultimi anni, ma il loro impatto va ben oltre i numeri.
Hanno cambiato per sempre il rapporto tra atleti e brand, creando un modello di partnership che mette l'atleta al centro non come semplice testimonial, ma come co-creatore di valore. Hanno trasformato il concetto stesso di scarpa sportiva da strumento funzionale a oggetto culturale carico di significati. Hanno anticipato l'era dell'influencer marketing decenni prima dell'avvento dei social media.
"Air" ci ricorda che le più grandi rivoluzioni di marketing non nascono da formule matematiche o focus group, ma da intuizioni profonde sulla psicologia e sui cambiamenti culturali in atto. Insomma nascono dalla mente e dai sentimenti di esseri umani.
Cast straordinario per una storia avvincente
Il film brilla anche per un cast di primissimo livello che dà spessore a ogni personaggio. Oltre ai già citati Matt Damon (Sonny Vaccaro), Viola Davis (Deloris Jordan), e lo stesso Ben Affleck nei panni di Phil Knight, troviamo Jason Bateman come Rob Strasser, Chris Messina nel ruolo dell'agente David Falk e Chris Tucker che interpreta Howard White.
Ogni attore riesce a cogliere le sfumature del proprio personaggio, evitando stereotipi e creando un ensemble perfettamente bilanciato dove nessuno ruba la scena all'altro - proprio come in una squadra vincente.
Un film che insegna a sognare in grande
"Air" non è solo la cronaca di un successo commerciale, ma una lezione su come le grandi rivoluzioni nascano spesso dall'intuizione di pochi visionari capaci di vedere ciò che altri non vedono. È un inno al pensiero laterale, alla capacità di rischiare e alla forza delle idee autentiche.

In un'epoca in cui il marketing sembra sempre più guidato da algoritmi e big data, questo film ci ricorda il valore insostituibile dell'intuito umano, della connessione emotiva e della comprensione profonda dei desideri delle persone.
Per gli appassionati di sneaker, è un viaggio alle origini della loro passione. Per gli studiosi di marketing, è quasi un avvincente seminario universitario. Per tutti gli altri, è semplicemente una grande storia che dimostra come a volte, per cambiare il mondo, basti una buona idea e il coraggio di perseguirla.
E forse, la prossima volta che indosseremo un paio di sneaker, ricorderemo che dietro quell'oggetto apparentemente semplice può nascondersi una rivoluzione culturale che ha cambiato per sempre il nostro modo di vedere lo sport, la moda e le celebrità.
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