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CORRERE NON HA ETÀ!

Aggiornamento: 28 gen


Paul Averhoff si allena nel parco della casa di riposo

Chi mi conosce più o meno bene sa che per me la corsa è più di un passatempo. È una vera e propria scelta di vita, una parte importante di me, del mio essere, della mia identità.


Eh già. Correre è da decenni una parte centrale della mia vita, tanto che tra il 1990 e il 2013 ho partecipato a più di 100 gare, tra maratone, mezze maratone e ultramaratone, oltre a competizioni su percorsi più brevi (qualcuna anche più lunga...). Ogni evento è stato unico, non solo per l’aspetto sportivo, ma anche per l’atmosfera, le persone, i luoghi conosciuti e i viaggi che ho fatto per raggiungere i vari percorsi. Il mio ricordo è una combinazione di orgoglio e nostalgia. Sono momenti che mi hanno segnato, mentalmente e, bisogna ammetterlo, anche fisicamente. A volte tutto ciò mi manca terribilmente. Così, con una certa angoscia, vado a recuperare le fotografie, le medaglie, le classifiche, gli attestati di partecipazione. Devo ammettere che non li ho collezionati in modo sistematico, quasi maniacale, come fanno tanti dei miei amici e colleghi podisti amatoriali. Forse più per pudore, o superstizione, che per sciatteria.


Sein letztes Rennen (2013): perché correre non ha età



Siccome vivo e lavoro in Germania da molti anni, dal 2007 ho corso tutte le mie ultime maratone in questo paese. Nel 2013 a Kassel, in Assia, ho partecipato con una certa nonchalance da abitudine a quella che pensavo fosse una semplice tappa di preparazione per un’ultramaratona due settimane dopo. Tuttavia, durante la mia sesta partecipazione alla Rennsteig-Supermarathon (72 e passa chilometri tra le montagne della Thüringer Wald), ho dovuto fermarmi dopo “soli” 20 chilometri. È stato un momento difficile, perché avevo grandi aspettative: volevo ancora una volta arrivare al traguardo di Schmiedefeld e godermi l´atmosfera da grande festa popolare che caratterizza quella gara. Da quel giorno non ho più partecipato a una maratona e per ben otto anni mi sono tenuto lontano dalle competizioni.


Due anni fa ho provato a prepararmi di nuovo per una maratona, ma problemi fisici mi hanno fermato a poche settimane dalla gara. Nonostante ciò, la speranza non mi ha mai abbandonato. Ho amici, amatori come me, che anche in età avanzata hanno corso maratone straordinarie. Le loro storie mi ispirano e mi ricordano che non è mai troppo tardi per tornare in pista.

Torniamo al 2013. Alcuni mesi dopo aver corso la mia ultima maratona, senza sapere che sarebbe stata l´ultima (finora), in una sala cinematografica della mia città ho assistito a un film che, a distanza di più di dieci anni, ora interpreto come un messaggio di speranza, in primo luogo per me stesso. Si tratta di Sein letztes Rennen (in italiano: La sua ultima corsa) con Dieter Hallervorden, uscito nei cinema alla fine di quell´anno. È una di quelle pellicole che offrono molto più di semplice intrattenimento: non è retorica dire che la storia narrata dal regista Kilian Riedhof è riuscita a toccare corde profonde, risvegliare ricordi e, perché no, a ispirare in molti di noi la speranza e la forza di guardare avanti.


Chi è Dieter Hallervorden


Forse il nome Dieter Hallervorden non dirà molto al pubblico italiano, ma in Germania è un’icona. Nato a Dessau nel 1935, negli anni ’70 e ’80 è diventato un comico molto popolare con il suo personaggio “Didi”, che ha fatto ridere generazioni intere grazie a programmi come Nonstop Nonsens. Tuttavia, con l’età, Hallervorden ha intrapreso una straordinaria trasformazione artistica, passando dalla comicità a ruoli più seri e profondi.


Locandina originale del film Sein letztes Rennen

Con film come Sein letztes Rennen (2013) e Honig im Kopf (2014) ha mostrato un lato completamente diverso di sé. In particolare, Honig im Kopf (apparso in Italia solo nel remake, girato dal co-protagonista della pellicola originale, Til Schweiger, con il titolo di Un viaggio indimenticabile), che affronta il tema dell´Alzheimer, ha ottenuto un grande successo anche a livello internazionale. In questo film Hallervorden interpreta il ruolo di un anziano alle prese con la demenza, situazione che diventa una sfida anche per i suoi familiari. Accanto a Hallervorden recita, come ricordato, anche Til Schweiger, noto a livello internazionale per la sua partecipazione in Inglorious Basterds di Quentin Tarantino.


La storia di Sein letztes Rennen


Torniamo a Sein letztes Rennen, un film che, come accennato, per me ha un significato molto speciale sotto molti punti di vista. La pellicola racconta la storia di Paul Averhoff (Dieter Hallervorden), un immaginario ex campione olimpico di maratona a Helsinki nel 1952, che, ormai anziano, è costretto dalla figlia Birgit (Heike Makatsch) ad andare a vivere in una casa di riposo insieme alla moglie Margot (Tatja Seibt). Tuttavia, la monotonia e la mancanza di stimoli del nuovo ambiente lo spingono a prendere una decisione sorprendente per tutti, ma non per lui: vuole tornare ad allenarsi per correre un’altra maratona.


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Paul trova il supporto più grande proprio in Margot, che diventa la sua allenatrice e il suo punto di riferimento come durante la carriera agonistica. Tuttavia, è evidente che il suo ritorno all’allenamento intensivo in età avanzata comporta diverse difficoltà, sia fisiche che logistiche. In modo a metà tra il sistematico (come ai bei tempi dei suoi successi) e il velleitario (Paul deve in qualche modo adattarsi alla vita, alle regole e all´alimentazione della casa di riposo), il protagonista si rimette in forma e ritrova l’entusiasmo del passato, anche se ogni tanto ha momenti di sconforto. Paul si allena correndo nel parco della casa di riposo, sotto gli occhi divertiti, ma poi sempre più pieni di ammirazione, degli altri ospiti. Sicuramente alcuni suoi comportamenti destano scandalo, come quando, completamente nudo, fa ginnastica la mattina presto sul balcone della sua stanza.


Il film mostra con grande sensibilità anche i contrasti tra Paul e gli altri residenti della casa di riposo, molti dei quali inizialmente sono perplessi, addirittura lo deridono, ma col tempo trovano ispirazione nella sua tenacia. Superando gli ostacoli posti dalla direzione della struttura, oltre che la contrarietà della stessa figlia, infine Paul sembra essere pronto per il grande comeback. Il destino, però, si mette tragicamente di mezzo. L´amata Margot muore poco prima della gara, ma questo non fa che rafforzare la determinazione di Paul.


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Un ruolo importante nella realizzazione del sogno del rinato maratoneta lo ha il giovane infermiere Tobias, interpretato da Frederick Lau, che, inizialmente scettico, finisce per sostenere Paul nel suo percorso, tanto da aiutarlo a scappare letteralmente dalla casa di riposo la mattina del grande evento: la Maratona di Berlino. Da notare che Frederick Lau ha poi avuto una carriera di successo in Germania, diventando uno degli attori più apprezzati della sua generazione.

Una funzione inizialmente oppositiva ha, invece, la figlia di Paul e Margot, Birgit, interpretata da Heike Makatsch. È lei che ha insistito perché i suoi genitori si trasferissero nella casa di riposo, preoccupata per la salute della madre e per la capacità del padre di prendersene cura. Inizialmente scettica riguardo all’idea paterna di un ardito comeback alla maratona, Birgit rappresenta la voce della ragione e della preoccupazione familiare. Per una volta sono i giovani ad essere saggi e razionali, mentre gli anziani sembrano essere più sognatori. Tuttavia, man mano che la storia procede, l´atteggiamento di Birgit evolve, mostrando il conflitto tra il desiderio di proteggere i propri cari e il rispetto per le loro passioni e aspirazioni.


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Il culmine del film, quindi, è la maratona berlinese, dove Paul affronta il suo ultimo grande traguardo, giungendo sotto lo striscione finale distanziatissimo dai primi, ma accolto da un gigantesco applauso, mentre le telecamere della diretta lo riprendono in questa per lui, ma non solo, immensa impresa. Nel film, la maratona si conclude all’Olympiastadion, mentre nella realtà la maratona di Berlino, che si corre ogni anno a fine settembre e accoglie decine di migliaia di partecipanti di ogni età e di ogni Paese, ha il traguardo nei pressi della Porta di Brandeburgo. Questo piccolo dettaglio non toglie nulla alla potenza simbolica del film, che trasmette emozioni intense e indimenticabili.


La Maratona di Berlino e io: un legame ancora da costruire


Dieter Hallervorden durante le riprese all´Olympia Stadion di Berlino

La maratona di Berlino è una delle più prestigiose al mondo e, nel film, diventa il simbolo della volontà di vivere di Paul. Per quanto mi riguarda, Berlino occupa un posto speciale nei miei pensieri: non ho mai corso una maratona lì, nonostante abbia partecipato a molte grandi maratone in Europa. Forse è arrivato il momento di colmare questa lacuna?


È proprio vero: correre non ha età


Sein letztes Rennen non è solo un film sulla corsa, ma anche sull’invecchiamento, sul superamento degli ostacoli e sulla forza della volontà umana. La storia di Paul ci ricorda che l’età non è un limite. Non è mai troppo tardi per porsi nuovi obiettivi e inseguire i propri sogni. La corsa, nel film, diventa una metafora della vita stessa: ogni passo conta, indipendentemente dall’età.

Forse c’è ancora un’altra maratona per me?


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È un messaggio di straordinaria importanza. Penso anche a me stesso. Anche se negli ultimi anni ho dovuto rinunciare alle competizioni, l’amore per la corsa non mi ha mai abbandonato. Ho già ricordato di avere potuto ammirare amici di lunga data, podisti dilettanti come me, che sono riusciti ad ottenere risultati straordinari anche in età avanzata. Le loro storie mi danno speranza e mi spingono a credere che un giorno potrò tornare a correre una maratona.


D´accordo: ormai ho quasi 60 anni. Mi chiedo se riuscirò ancora ad affrontare la sfida dei 42,197 chilometri. Forse sì, forse no. Ma una cosa è certa: finché c’è speranza, non smetterò di crederci. Magari un giorno il mio percorso mi porterà a Berlino, come Paul Averhoff in Sein letztes Rennen. Fino ad allora la corsa rimarrà per me molto più di uno sport, continuerà ad essere uno stile di vita. Perché, se c’è una cosa che questo film ci insegna, è questa: correre non ha età!


P.S.: per chi mastica un po´ il tedesco e vuole provare a vedersi il film, anche se con molte interruzioni pubblicitarie, qui può trovarlo nella sua interezza su Dailymotion:

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