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PARTITA DI TENNIS A TRE



 Di solito a tennis si gioca in due. Al massimo in quattro, se si tratta di un doppio.


Luca Guadagnino, invece, ci fa assistere a una lunga, interminabile partita di tennis a tre lunga 13 anni. Così si potrebbe sintetizzare la trama di Challengers, l´ultimo lavoro del regista Italiano, ormai non più “giovane speranza”, ma nome affermato anche in campo internazionale. E di una produzione internazionale si tratta anche in questo caso. Prodotto da MGM e ora disponibile su Amazon Prime Video, Challengers ci porta nel mondo apparentemente esclusivo del tennis di alto livello. Quello dei tornei in giro per il mondo e dei montepremi strabilianti. Ma anche delle rivalità più accese, delle ambizioni, spesso accompagnate da forti delusioni, delle tensioni e delle incertezze legate a periodi di scarsa forma o infortuni.


Nell´anno che ha visto l´ascesa dell´italiano Jannik Sinner al primo posto del ranking ATP e della seconda vittoria consecutiva della nazionale Azzurra nella Coppa Davis, non è forse un caso che proprio un regista italiano abbia presentato un film sul mondo tennistico così avvincente, complesso e tecnicamente molto ben realizzato.



Challengers, uscito con ritardo per lo sciopero di un sindacato di attori e apparso sugli schermi italiani a fine aprile di quest´anno, per poi passare su Amazon Prime Video, potrebbe apparire a prima vista come la storia del classico triangolo amoroso. A formare il trio, sportivo e sentimentale dei protagonisti sono Art Donaldson (Mike Faist), Patrick Zweig (Josh O´Connor), Tashi Duncan (Zendaya), tre personalità assai diverse tra loro per caratteri e ambizioni, unite dalla comune passione, quasi ossessiva in alcuni frangenti, per il tennis.


Come in una versione sportiva di Jules et Jim di Francois Truffaut, fra i due uomini, amici da una vita o quasi, con l´apparizione di Tashi si instaura una rivalità che condurrà alla fine dell´amicizia. Nella sceneggiatura di Justin Kuntzkes questo triangolo sentimentale è all´origine di una serie di dinamiche intricate, dove sentimenti sopiti e tensioni mai risolte emergono inevitabilmente, mettendo alla prova la lealtà e l’amore dei protagonisti. La stessa Tashi, al centro delle attenzioni dei protagonisti maschili, però, in definitiva non sa decidere tra i due. Lo si intuisce quasi subito.


Il film si apre nell´agosto 2019, a New Rochelle, East Coast statunitense, dove un Challenge Turnier accoglie tennisti professionisti di seconda fascia alla ricerca di un piccolo assegno e di un accesso ad un torneo del Grande Slam. Inizialmente ignoriamo cosa unisca (o divida) i due atleti appena scesi in campo per disputare la finale di questo torneo minore. Vediamo soprattutto una donna che siede in tribuna proprio in corrispondenza della linea di rete che divide il campo: il giusto mezzo, né da una parte, né dall´altra. Nelle prime scene intuiamo che il biondo Art è sposato con la malinconica e severa Tashi, la quale ricopre anche il ruolo di allenatrice e manager. Hanno anche una bambina e vivono comodamente la vigilia del torneo in una suite d´hotel, affiancati da un piccolo staff di assistenti.


Dopo i primi scambi sul campo il film incomincia ad articolarsi in frequenti flash-back, che ci permettono di ricostruire lo sviluppo e la natura dei rapporti tra i tre estremi del triangolo che, come accennato, anche visivamente si è manifestato sul campo di gioco: i due avversari e la donna al vertice.


Tredici anni prima Art e Patrick sono una coppia di inseparabili amici, cresciuti nella stessa scuola di tennis: agli US Open Juniores del 2006 conquistano il titolo nel doppio, prima di doversi affrontarsi tra loro nella finale del singolo. Dopo il successo assistono dalle tribune alla vittoria schiacciante della shooting star del tennis femminile statunitense, Tashi Duncan, sensuale, ambiziosa, molto sicura di sé nonostante sia coetanea dei due giovani (18 anni). Ad un ricevimento organizzato dalla famiglia di Tashi e dagli sponsor, Art e Patrick hanno modo di scambiare due chiacchiere con la ragazza. È evidente un´attrazione reciproca a tre.


Art e Patrick non credono possibile che una già così affermata tennista possa avere un qualche interesse per loro, insistono per averne il numero di telefono, ma alla fine si limitano ad invitarla nella loro stanza d´albergo. Art è scettico, Patrick è più confidente: e ha ragione, perché Tashi bussa alla loro porta. Ne segue una lunga conversazione accompagnata da birra, poi una sensuale scena di baci e carezze, sempre a tre, che si conclude in un´involontaria comicità: Tashi a un certo punto si sottrae, così i due giovani, incosapevolmente, si ritrovano a baciarsi appassionatamente a occhi chiusi. È chiaro: da quel momento in poi la giovane tennista giocherà con vite, carriere e sentimenti sia di Art che di Patrick. La prima sfida chiude quella strana serata a tre: chi vincerà la finale degli Open Juniors nel singolo, che, come accennato, vedrà proprio Patrick fronteggiare Art, riceverà per premio il numero di telefono di Tashi, quindi la possibilità di avere un appuntamento con lei.



Salto nel tempo in avanti di qualche mese: Tashi e Patrick stanno insieme, lei prosegue inarrestabile la sua carriera e ora è alla Stanford University, dove ha come compagno di studi Art. Patrick, da quello che sappiamo, invece, continua a giocare con non molte prospettive di carriera. Art è geloso, per questo insinua sia in Tashi che in Patrick dubbi sugli effettivi sentimenti reciproci.


La svolta durante una drammatica partita di Tashi, che poche ore prima aveva pure litigato con Patrick: lei continuava a parlare di tennis, lui avrebbe desiderato, invece, argomenti più quotidiani. Proprio per questo il giovane decide di non assistere al match della sua ragazza, al quale invece è presente Art. Proprio lui è tra i primi a soccorrere Tashi, quando questa cade urlando dolorante al suolo, vittima di un grave infortunio al ginocchio destro (grazie agli effetti speciali vediamo anche la deformazione della gamba nel momento decisivo dell´incidente). Patrick, informato dell´accaduto, corre ad assistere la sua ragazza, la quale invece lo manda via, sostenuta in questo da Art, che le sta vicino. È la rottura: tra Tashi e Patrick, soprattutto tra Art e Patrick.


Sono tutti retroscena che, come accennato apprendiamo attraverso i flashback, che piano piano fanno comprendere allo spettatore il valore del match, che i due ex-amici stanno giocando con crescente intensità e ardore agonistico dall´inizio del film. Si tratta in definitiva di un match decisivo per tutti e due. Per Art, perché è in una fase di crisi, fisica e psicologica. Questo perché, e sono di nuovo i salti indietro nel tempo a raccontarcelo, ha avuto una carriera di alto livello internazionale, è arrivato tra i primi cinque del ranking ATP, ma, a trent´anni passati, sembra avviato sulla china discendente.

In più si avvertono segni di problemi coniugali tra Art e Tashi. Inatteso riappare Patrick, che, a quanto pare, è rimasto al palo nella carriera tennistica. Ha difficoltà economiche, si iscrive a piccoli tornei per guadagnare qualche dollaro e sopravvivere, è costretto a dormire in auto. Nell´incontrare di nuovo le sue vecchie conoscenze Patrick si sente, però, quasi costretto a provocare i due amici di un tempo. Sempre grazie ai flashback sappiamo di un breve e fugace tradimento di Tashi con Patrick, alcuni anni prima ad Atlanta, durante un torneo giocato dal marito. Che la donna sia ancora attrattata dall´ex-amante? Questa domanda segue lo spettatore fino quasi alla fine del film.


Quello che appare sempre più chiaro, è che Tashi si è voluta rifare dall´amarezza e dalla delusione dell´infortunio, della promettente carriera spezzata proprio all´inizio, dell´impossibilità di diventare la numero uno, come tutti avevano pronosticato. Ecco che in Art cerca di brillare di luce riflessa. Vede in lui una parte di se stessa. Ha puntato su Art, perché è più disciplinato, malleabile, forse anche più ambizioso dello stesso Patrick, addirittura più ossessionato dall´idea di avere successo nel tennis.


Questo risulta evidente dal confronto tra i due ex-amici. Uno, Patrick, è più libero, ama la vita, capisce che il tennis è divertimento prima che lavoro; l´altro, Art, invece, si trova preso in un meccanismo che non lo soddisfa più. Vorrebbe godersi il benessere economico, la famiglia, la vita insieme alla figlia. Invece la moglie continua a fare pressione, perché torni al successo, alla gloria passata.


Come sappiamo, il destino ha fatto sì che nella finale del torneo di New Rochelle i due si ritrovino di fronte. Più ci si avvicina alla fine del match (il primo set è stato vinto da Patrick, il secondo da Art, così il terzo risulta decisivo), più il quadro dei rapporti tra I tre risulta sempre più evidente.

I flashback si avvicinano sempre più al presente. Tashi, più che Art, vuole che il marito vinca assolutamente il torneo, anche per ottenere l´accesso ad un torneo di livello superiore, ma, soprattutto, per fargli ritrovare la fiducia in se stesso. Patrick si rifà sotto, addirittura chiede a Tashi di diventare il suo allenatore. Lei rifiuta indignata, poi, però, deve scendere a patti con il suo ex-compagno. Infatti, alla vigilia della finale che mette di fronte Art e Patrick, la donna, quasi disperata per lo stato mentale del marito, chiede al vecchio amico (ora nemico) di perdere l´incontro. Ne scaturisce dapprima un litigio, poi i due si riavvicinano  e fanno sesso nell´auto di lui.


Così siamo al punto di partenza. Al match che ha aperto il film, un incontro teso, incerto, senza respiro. Quando sembra che Art stia per spuntarla nel set conclusivo, l´ennesimo scambio di sguardi tra Patrick e Tashi, soprattutto l´atteggiamento arrogante di Art, spinge l´underdog Patrick a segnalare a quest´ultimo proprio quanto è accaduto la notte precedente nella sua auto: portando la pallina al centro della racchetta (un segnale che aveva usato anni prima per informare l´allora amico Art che era riuscito a conquistare Tashi), gli fa capire che la moglie lo ha tradito proprio con lui.

Questo scatena la rabbia di Art, che dapprima si rifiuta di giocare, consentendo a Patrick di raggiungerlo e disputarsela al tie break; poi si riprende e con rabbia combatte su ogni scambio. La scena finale, molto deludente per la verità (forse l´unica pecca dell´intero film), vede i due avversari arrivare entrambe sotto rete e, quando Art si slancia da terra per schiacciare la pallina, perde l´equilibrio; ma Patrick lo accoglie tra le sue braccia, scatenando il frenetico applauso conclusivo di Tashi.


Tutti amici come prima? Con questa domanda si chiude il film, che, a parte quest´ultima scena un po´ improbabile, ha tenuto in supense fino all´ultimo secondo. Anche perché penso che ogni spettatore si sia schierato dall´inizio tra uno dei due. Molto più difficile, sinceramente, almeno per quello che mi riguarda, mettersi dalla parte di Tashi, che, come accennato sopra, utilizza Art per compensare la propria mancata carriera ad alto livello. E forse ha sempre amato solo Patrick, ma questo si prestava poco ai suoi intenti.


Solo un´ipotesi di lettura di una pellicola, che, come è tipico di Guadagnino, non si limita a raccontare una storia sportiva: il tennis diventa una metafora per esplorare il desiderio, il potere e l’ossessione. Il regista usa il campo da gioco come uno spazio dove si intrecciano le passioni personali e professionali, creando una coreografia visiva che riflette il conflitto interiore dei personaggi. Il film combina la tensione fisica del tennis con un dramma psicologico, rendendolo un’opera particolare, quasi unica nel suo genere.


Partendo da una sceneggiatura e da un intreccio forse non del tutto originale (vedremo tra breve il perché) Guadagnino si spinge oltre i confini del genere sportivo, trasformando Challengers in un’indagine intima sui rapporti umani. La competizione non è solo sul campo, ma anche nei cuori dei personaggi, dando al film una carica emotiva intensa. Perché in fondo non è del tutto originale la costruzione del film? Perché a tema tennistico già il film L´ultimo gioco (Players, 1979), di Anthony Harvey, aveva raccontato una storia d´amore a tre tra un tennista (intepretato da Paul David Martin, figlio di Dean), un´affascinante donna più anziana di lui (Alice MacGraw) e il ricco amante di lei (Maximillian Schell). Qui l´unico sportivo del triangolo è al tempo stesso simile al Patrick di Guadagnino: un outsider, che a inizio film si guadagna da vivere combinando con un amico scommesse sui suoi match. Il film si articola in flashback che hanno come cornice la finale che il protagonista gioca addirittura a Wimbledon contro il “vero” Guillermo Vilas, tennista argentino ai vertici delle classifiche internazionali tra anni Settanta e Ottanta. In un altro post parlerò ancora di questo film, che vidi anni fa alla televisione italiana, ma che poi è praticamente scomparso di circolazione e su cui non si trovano molte informazioni neanche su internet.



Ma torniamo a Challengers, che colpisce in primo luogo per la grande efficacia delle scene di gioco, riprodotte con estrema perizia. I tre protagonisti si sono a lungo allenati per arrivare a essere più che credibili nelle azioni sul campo, poi perfezionate in fase di post-produzione grazie agli effetti speciali. Veniamo agli attori, su cui spicca Zendaya, nel ruolo di Tashi, che offre una performance magnetica e complessa, portando sullo schermo una protagonista sicura di sé, ma vulnerabile. In particolare colpisce la metamorfosi che subisce, da solare e dinamica giovane speranza del tennis a gelida, cinica, quasi impassibile donna d´affari nel ruolo di moglie, allenatrice e trainer di Art. Nella presentazione del film, Guadagnino ha elogiato la capacità dell´attrice nell´incarnare un personaggio così sfaccettato, definendola “un’attrice di straordinaria profondità”. Mike Faist e Josh O’Connor completano il triangolo con interpretazioni potenti e convincenti, aggiungendo sfumature al racconto con le loro dinamiche contrastanti. L´uno, il wasp bravo ragazzo insicuro ma ambizioso, l´altro più sfacciato, indisciplinato, che, come ho già sottolineato in precedenza, considera il suo sport come un divertimento con cui, di tanto in tanto, riesce a guadagnarsi qualche soldo.


Per un pessimo giocatore di tennis come me, e anche da spettatore saltuario e tutto sommato disinteressato, Challengers è stata una piacevole, entusiasmante esperienza, che, a mio giudizio, rappresenta un punto di riferimento per qualsiasi pellicola futura sull´argomento.

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