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DAL BASEBALL ALL’OCEANO: IL BIONDO RAGAZZO CHE NON INVECCHIAVA MAI

Redford tennis

Addio a un mito discreto


Robert Redford se n’è andato ieri, discretamente, come discreto lui stesso è stato nella sua vita. E con lui ci lascia un pezzo di cinema, di sport e di America. Un attore americano che sembrava immortale: nel nostro immaginario restava sempre il ragazzo biondo, atletico e affascinante, idealista e determinato al tempo stesso, capace di trasformare ogni sua apparizione sul grande schermo, anche quelle riguardanti lo sport, in poesia cinematografica.


Mi dispiace arrivare in ritardo con questo post commemorativo. Anche questa volta la spietata realtà della vita mi ha colto di sorpresa: non avevo preparato un coccodrillo e, devo essere sincero, quando, in treno verso Weimar, ho appreso la notizia, sono stato colto di sorpresa. Per me, come per molte e molti tra coloro che lo ammiravano, Redford era indistruttibile, intramontabile, quasi eterno. Ho impiegato tempo per riordinare le idee e buttare giù questo post. Mi scuso di pubblicarlo ora con 24 ore di ritardo.


Un’icona di bellezza e impegno


Redford primo piano

Tutti conoscono questo mito vivente, che ha incarnato per milioni di donne, ma anche di uomini, un ideale di bellezza, fascino, intelligenza, doti artistiche, classe, ma anche sincero impegno sociale. Credo che ognuno di noi abbia nella memoria un suo film preferito fra i tanti girati da Redford come attore, ma anche tra quelli che ha diretto come regista.


Ha incarnato l’ideale dell’uomo elegante e sportivo, icona di un’America solare che corre, gioca, si impegna per raggiungere un risultato, con la determinazione di realizzare il proprio sogno, l’American Dream. Sessant’anni di carriera che hanno attraversato Hollywood, regalando storie di campioni e di atleti solitari, film sportivi e drammi intensi. L’atletismo naturale di Redford è stato un tratto che lo ha accompagnato sempre, rendendolo credibile in ogni ruolo.


Redford e lo sport, dentro e fuori lo schermo


Redford beachvolley

Anche nella vita reale Robert Redford ha avuto un rapporto intenso e diretto con lo sport. Nato nel 1936 in un ambiente borghese e benestante, si era distinto come ottimo giocatore di baseball, il che gli permise di ottenere una borsa di studio per la University of Colorado Boulder. Ben presto, però, agli studi preferì la recitazione e già nei primi anni Sessanta fu chiamato per interpretare ruoli in serie televisive e in film. Da allora la sua carriera è andata in crescendo, regalando al suo pubblico capolavori che ritengo superfluo citare: in queste ore tutti i media, nel commentare la sua scomparsa, stanno elencando i film da lui interpretati. E immagino che molti canali televisivi abbiano stravolto il loro palinsesto per trasmetterne uno.


Lo sport come tratto di fascino: "Come eravamo"


Redford Streisand tennis

Se si pensa al modo con cui Redford ha rappresentato lo sport al cinema, subito ieri pomeriggio il primo ricordo è andato a uno dei suoi film più memorabili: "Come eravamo" (The Way We Were, 1973), diretto da Sidney Pollack. Al fianco di Barbra Streisand, nel ruolo della super-politicizzata Kate Morosky, Redford interpreta Hubbell Gardiner, studente modello, tipico WASP di buona famiglia, che, oltre ai libri, nutre una grande passione per lo sport: già nei titoli di testa lo vediamo correre per i viali del campus con la chioma bionda al vento, giocare a football americano con gli amici, far parte della squadra di canottaggio dell’università, gareggiare in concorsi di atletica leggera. Più avanti nella storia, quando, avveratosi il sogno di diventare scrittore, Hubbell e Kate sono diventati una coppia, Redford esibirà ancora una volta il lato atletico, fisico del suo personaggio, prima come tennista assieme agli amici, poi giocando a pallavolo in riva all’oceano.




Lo sport non è il centro del film, ma diventa parte del suo fascino irresistibile. E rappresenta anche la barriera invisibile che inizialmente separa Hubbell e Kate: per lui l’attività fisica costituisce un elemento naturale della sua vita, una parte di sé, del suo essere; la collega, invece, lo considera un diversivo, una distrazione borghese, che ai suoi occhi rende l’affascinante Hubbell indifferente ai drammi del mondo di allora (l’inizio della storia è ambientata negli anni Trenta), tanto che Kate, urlandogli dietro, lo definisce “fascista”.


"Gli spericolati": l’ossessione per la vittoria


Redford sci

Redford, però, aveva portato sul grande schermo i tormenti di uno sportivo professionista già pochi anni prima. L’attore vola veloce sulla neve in "Gli spericolati" (Downhill Racer, 1969), diretto da Michael Ritchie. Qui interpreta David Chappellet, sciatore ossessionato dalla vittoria e dal perfezionismo, pronto a rischiare il tutto e per tutto per raggiungere il successo. Accanto a lui Gene Hackman, in uno dei pochi film sportivi dedicati allo sci alpino che abbiano davvero lasciato un segno.


"Il migliore": baseball e leggenda


Redford baseball

Il lascito principale di Redford al mondo dei film sportivi arriva quindici anni più tardi grazie al baseball, il suo grande amore sportivo. Per la regia di Barry Levinson l’attore gira "Il migliore" (The Natural, 1984): un film sportivo vero e proprio, in cui veste i panni di Roy Hobbs, un campione segnato dal destino, accanto a una giovane e ancora poco conosciuta Glenn Close. Giuro: era in cantiere un post su questa pellicola, la preparavo da settimane ed era pianificato per una pubblicazione a breve.


È uno dei film più iconici del cinema sportivo americano, dove il baseball diventa allegoria di caduta e rinascita. Posso solo assicurarvi che ne scriverò dettagliatamente il più presto possibile, a questo punto anche come omaggio più approfondito.


"La leggenda di Bagger Vance": il golf come parabola


Redford golf

Redford è stato anche regista di cinema, toccando il mondo dello sport: nel 2000 firma "La leggenda di Bagger Vance" (The Legend of Bagger Vance), parabola golfistica con Matt Damon e Will Smith. Il golf, sport lento e contemplativo, diventa una metafora della vita, della ricerca di equilibrio interiore.


"All Is Lost": la sfida con la natura


Redford oceano

Infine, nell’ultima parte della sua carriera, di nuovo come attore, Redford affronta un’ulteriore sfida estrema: "All Is Lost – Tutto è perduto" (2013), di J. C. Chandor. Qui impersona, come unico protagonista, un velista solitario che affronta una tempesta nell’Oceano Indiano. Non c’è squadra, non c’è competizione, non c’è sostegno affettivo: solo un uomo, la natura, la resistenza. Lo sport non agonistico, ridotto alla sua essenza più pura: sopravvivere.


Un ultimo applauso


Redford finale

Dal baseball all’oceano, dal football americano allo sci, Robert Redford ha reso lo sport un elemento vitale del suo cinema. Un ragazzo biondo che non invecchiava mai, che resterà immortale, e che salutiamo con un ultimo, lungo applauso.


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