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IN BICI IN FUGA DAL DIAVOLO: CON TOTÒ PER LE STRADE DEL GIRO D´ITALIA (1)

Quando il Giro d´Italia si trasferì dalle strade al cinema grazie a Totò.


Totò al Giro d´Italia_con Barzizza e Castellani

Con quattro pedalate…


Arrivo fuori tempo massimo, è il caso di dirlo, per usare una metafora ciclistica. La 108ª edizione del Giro d'Italia, infatti, si è conclusa ormai da più di una settimana, con la seconda vittoria in carriera del britannico Simon Yates, succeduto al campionissimo dei nostri tempi, Tadej Pogačar: quest'anno lo sloveno ha preferito risparmiarsi, per concentrare tutte le energie sul prossimo Tour de France.


Per motivi logistici e familiari ho accantonato per tanto, troppo tempo la mia vecchia passione per la bicicletta e, in generale, per il ciclismo. Sono rimasto letteralmente fuori dalla sana e liberatoria abitudine di pedalare, non ho più seguito le gare ciclistiche nel modo regolare e intenso del passato. Ho perso di vista tanti campioni, tante corse, tante innovazioni tecniche nel mondo della bicicletta: per dirne una, fino a pochi anni fa ignoravo che fossero stati introdotti i freni a disco! Rientrare in contatto con le bici è stata una boccata d'aria, un respiro di libertà, un ritorno a tanti bei momenti trascorsi, un modo per scoprire (e riscoprire) i luoghi della mia vita, passata e presente.


Totò al Giro d´Italia_locandina 2

Ora, purtroppo, sto attraversando un nuovo, difficile momento critico e non so come e quando ne potrò uscire. Le mie tre biciclette (e sì, possiedo tre biciclette: una vecchia e malandata mountain bike, una bici da corsa e una gravel bike) sono ferme da qualche settimana. Nonostante la primavera non proprio… primaverile, nei mesi scorsi sono riuscito a fare qualche uscita nella mia zona con compagni di pedalata e ho cercato, a fatica, di non perderne le ruote. Devo essere sincero: mi hanno spesso staccato (soprattutto sugli impervi percorsi con la gravel), ma hanno avuto la pazienza e la pietà di aspettarmi… Purtroppo, come accennato, sono di nuovo ai box, ma l´idea di tornare a volare su uno dei miei „bolidi“ mi regala un briciolo di ottimismo.


Da un paio di anni sono anche tornato a seguire con una certa regolarità (e passione) le grandi e piccole corse a tappe, oltre alle classiche di primavera: Giro, Tour, Vuelta, Milano-Sanremo, Parigi-Roubaix, le affascinanti e massacranti gare in Belgio, e così via. Anche quest'anno, nonostante tutto, quando ho avuto tempo mi sono messo davanti alla tv per assistere su Eurosport alle dirette delle tappe del Giro d'Italia fino alla sfilata finale degli atleti lungo le strade di Roma, sempre mai troppo affollate di tifosi quando si tratta di biciclette.


Una grande epopea nazional-popolare


Certo, la capitale è un caso a sé, ma bisogna ammetterlo. Il ciclismo, purtroppo, non è più lo sport di maggiore popolarità in Italia. Non c'è dubbio che, nonostante tutto, ancora ci siano molti appassionati, spesso loro stessi praticanti. Molto però è cambiato dall'epoca d'oro del Giro, terminata intorno alla fine degli anni Cinquanta e all'inizio dei Sessanta, quando la TV cominciò a fare del calcio il nuovo spettacolo sportivo preferito degli italiani.


Eppure… Eppure ancora tanti spettatori, più o meno appassionati, si affollano ai bordi delle strade attraversate dalla carovana rosa, soprattutto lungo i tortuosi tornanti alpini, in occasione delle tappe di montagna. Eh già, perché il fascino di quei cavalieri su due ruote in qualche modo è ancora vivo, almeno tra i tanti spettatori che attendono ore e ore lo sfrecciare rapido dei ciclisti lungo le strade del nostro Paese. Niente è cambiato in questo senso dall'epoca eroica, mitica del Giro d'Italia, soprattutto quella delle sfide tra Coppi e Bartali.


Leggiamo cosa scrive lo storico Daniele Marchesini nel suo "L'Italia del Giro d'Italia" (Il Mulino, 2003) a proposito di quello che rappresentava (e rappresenta ancora oggi) questa straordinaria epopea:


Marchesini_Italia del Giro d´Italia

"La sua ricezione da parte della larghissima maggioranza del pubblico, dunque, si realizza ad un livello minimale ed elementare. Tanto più che sulle strade, molte volte viene meno quella separazione tra il protagonista attivo della performance agonistica ed il suo spettatore, che costituisce un'altra delle tendenze caratteristiche dell'emergere dello sport moderno dalle attività di gioco e di tempo libero tradizionali. Il pubblico del ciclismo non solo non subisce nessun tipo di selezione d'ingresso, ma può anche partecipare all'evento agonistico, in una fusione con i suoi attori che non si limita alla visione, all'incoraggiamento, all'applauso."


Totò al Giro d'Italia: corsa tra ciclismo, comicità e patto faustiano


Totò al Giro d´Italia_locandina

Ecco, anche questo ci racconta quella specie di pellicola neorealista, oltre che comica, parodistica e, perché no, romantica, che è "Totò al Giro d'Italia" (1949) diretto da Mario Mattoli, uno dei maestri del cinema comico italiano del dopoguerra. Nel panorama del cinema italiano postbellico, "Totò al Giro d'Italia" rappresenta una pellicola atipica, sospesa tra comicità popolare, sperimentazione narrativa e una fascinazione per il ciclismo che rifletteva la passione di un'intera nazione. È anche il primo film in cui il nome di Totò compare direttamente nel titolo, segnando una svolta nella carriera dell'attore e nella percezione della sua maschera comica.


"Totò al Giro d'Italia" è ambientato nel 1948, un anno cruciale per l'Italia e per il ciclismo nazionale: il Paese si sta rialzando dalle macerie della guerra, il ciclismo si conferma sport di massa e la figura di Totò, già popolarissima sul palcoscenico, si afferma definitivamente anche sul grande schermo. Nello stesso anno le imprese di Gino Bartali al Tour de France avevano entusiasmato gli italiani e, ma forse non nella misura a cui la leggenda vuole farci credere, avevano anche contribuito ad allentare tensioni politiche e sociali (si pensi al famoso attentato a Togliatti).


Così un trio straordinario di sceneggiatori (Steno, Vittorio Metz e Marcello Marchesi) si inventò una scoppiettante e paradossale storia incentrata sulle vicende di uno stravagante professore di liceo di Brescia (Totò) alle prese con la corsa ciclistica più famosa d'Italia. Il film, girato prevalentemente in esterni, vede la partecipazione di numerosi campioni di ciclismo dell'epoca: Fausto Coppi, Gino Bartali, Louison Bobet, Fiorenzo Magni, tra gli altri, oltre a sportivi di altre discipline come Tazio Nuvolari. La presenza di questi atleti, abituati a competere su strada e non a recitare, contribuisce a creare un clima particolare, tra realtà e finzione, oltre a costituire un altro magnete di attrazione per il pubblico: ulteriore testimonianza della popolarità del ciclismo in tempi ancora senza tv e social media.


Una surreale commedia romantica nell´Italia del dopoguerra



Il professor Casamandrei è chiamato a far parte della giuria del concorso Miss Italia, che si svolge nella paradisiaca cornice di Stresa. Qui si innamora di Doriana (Isa Barzizza), anch'ella giurata, e, guarda caso, anche sorella della futura vincitrice del concorso, Gisella (Fulvia Franco): misteri del favoritismo… Doriana, però, non ricambia il suo amore, anche perché legata a un giovane (e gelosissimo) giornalista, interpretato da un Walter Chiari a inizio carriera (pochi anni dopo avrebbe recitato in "Bellissima" di Visconti, fra l'altro). Ecco che per togliersi di torno il romantico professore, Doriana gli promette che lo sposerà solo se lui vincerà il Giro d'Italia.


L'ingenuo Casamandrei, perdutamente innamorato, accetta l'impossibile sfida. Oltre a non essere un atleta e ad avere una certa età, c'è un altro piccolo problema: lui non sa proprio andare in bicicletta! Sicuro di se stesso, il nostro eroe comincia a muoversi nel mondo, a lui ignoto, dello sport. In un bar, pieno di sportivi celebri dell'epoca (il mito dell'automobilismo Tazio Nuvolari, il calciatore Achilli, il discobolo Tosi e altri ancora), ingaggia Renato Stella, un allenatore di ciclismo (Mario Castellani, una delle spalle storiche di Totò). Questi, incredulo ma allettato dal ricco ingaggio, accetta di introdurre il danaroso professore ai segreti della bicicletta, inizialmente con risultati disastrosi. L'allenatore esasperato allora gli consiglia che, per vincere il Giro, "una maniera ci sarebbe… provi a vendere l'anima al diavolo!"


Totò al Giro d´Italia_incontro con il diavolo

Disperato, Casamandrei prende alla lettera il consiglio: e viene accontentato. Gli si presenta un vero demonio, Filippo Cosmedin (Carlo Micheluzzi), non proprio convenzionale, però, visto che appare in giacca e cravatta, con tanto di carta d'identità (emessa dal "Ministero degli Inferni", uno dei tanti giochi di parole del film e della comicità di Totò). Il diavolo lo convince a firmare (naturalmente con il sangue) un contratto faustiano: in cambio della vittoria al Giro, il professore gli cederà la sua anima.


Ecco che, come d'incanto, impara subito ad andare in bicicletta, convince Stella a prepararlo per la corsa rosa, assoldando anche un sedicente meccanico e massaggiatore (Ughetto Bertucci). Ottenuta la licenza come ciclista professionista, Casamandrei si presenta alla "punzonatura" (per i profani: controllo e registrazione di un atleta ad una corsa ciclistica) tra gli sguardi curiosi e divertiti non solo degli spettatori, ma anche dei veri ciclisti. Appaiono per la prima volta nel film quelli che erano le star dello sport più popolare d'Italia. Vediamo Bartali, Coppi, Magni, Cottur, Ortelli, l'allora campione del mondo il belga Schotte, il francese Bobet, lo svizzero Kübler e altri ancora. Tutti volti e nomi notissimi all'epoca, oggi ignoti ai più, se si escludono i tre assi italiani. Appaiono evidentemente un po' intimiditi dalla nuova esperienza di fronte alla macchina da presa, ma al tempo stesso pronti a stare al gioco e alla comicità di Totò.


Torniamo alle imprese del Prof. Casamandrei. Anche il giorno dopo al via della corsa la presenza del barbuto neofita è accolta con risate e ilarità. Ma, sorpresa, dopo pochi chilometri dallo start lo sconosciuto ciclista si porta in testa e stacca tutti. Anzi, si permette pure di fare delle pause che non lo preoccupano: anzi, come dice lui, "tanto con quattro pedalate li ripiglio subito" (una delle battute ricorrenti del film). Infatti raggiunge subito il plotone e si riporta in testa con un distacco incolmabile.



Conquistata la prima maglia rosa, Casamandrei continua a sorprendere, a vincere con incredibili distacchi, a scatenare entusiasmi, ma anche a sollevare interrogativi: sulla sua identità e sull'origine dei suoi successi. Lui non se ne preoccupa e va avanti, sicuro del successo finale. Come se non bastasse, al seguito del Giro ci sono anche Doriana, la donna di cui è innamorato, Gisella (la fresca Miss Italia) e il geloso Bruno, uno dei giornalisti che raccontano la corsa.


In un'irresistibile serie di episodi paradossali e battute divertenti, se da una parte il professore è sempre più convinto della vittoria, quindi anche della realizzazione del suo sogno di sposare Doriana, dall'altra lo stupore del mondo del ciclismo e della stampa aumentano l'interesse su di lui.

Se non che, ad un certo punto Filippo il diavolo gli si presenta di nuovo, per ricordargli le clausole, soprattutto che, vinto il giro, dovrà cedergli l'anima subito dopo aver tagliato l'ultimo traguardo. Scoperto questo codicillo, Casamandrei è disperato, si rende conto che la sua è una corsa inutile, non potrà mai sposare Doriana. Comincia quindi a fare di tutto per perdere la gara. Prova a farsi squalificare, si lascia incarcerare a Trento. Invano. Il diavolo lo rimette sempre in sella.


Totò al Giro d´Italia_in maglia rosa tra Barzizza e Franco

Quando tutti, anche Doriana, scoprono il segreto dei suoi successi, cercano di aiutarlo a… non vincere. L'unica che ci riesce è la madre (Giuditta Rissone): mentre insieme al diavolo ascolta la radiocronaca dell'ultima tappa, riesce con un sonnifero nel tè a far addormentare il demonio e a cancellare la sua diabolica influenza sul figlio. Il professore cade di bicicletta e, felicissimo, si lascia superare da tutti gli altri concorrenti.


Totò al Giro d´Italia_finale teatrale

Finale teatrale in casa Casamandrei: riuniti tutti i protagonisti del film, per telefono è comunicato al professore il nome del vincitore. In una scena che mette insieme farsa e parodia di opera lirica la vicenda si conclude con un lieto fine… aperto. E non sapremo mai chi ha conquistato l'ultima maglia rosa.


Primo traguardo


Totò al Giro d´Italia_Locandina 1 con Chiari e Coppi

Ma questa è solo la prima tappa del nostro viaggio con Totò al Giro d´Italia in bici in fuga dal diavolo Nella seconda parte approfondiremo l'analisi di "Totò al Giro d'Italia", esplorando come il film rifletta la passione collettiva per il ciclismo nell'Italia del dopoguerra e i suoi profondi legami con la società e la storia del nostro Paese.


Scopriremo come Mario Mattoli sia riuscito a catturare non solo l'essenza comica di Totò, ma anche lo spirito di un'epoca in cui le due ruote rappresentavano molto più di un semplice sport.


Preparatevi per un'immersione nel cuore pulsante di un'Italia che pedalava verso il futuro!

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