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QUANDO GIOVE PALLEGGIAVA CON GLI DEI: VITTORIO GASSMAN E LO SPORT (3)

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Dove eravamo rimasti?


Dopo la lunga pausa per le ferie estive, per il mio annuale Italienische Reise (vivo in una regione in cui tutto parla di Goethe, quindi scusatemi la citazione colta in tedesco), riprendo a scrivere per questo blog dedicato a cinema e sport.


Ero in sospeso con il ricordo di Vittorio Gassman a 25 anni dalla morte, incentrato sul suo stretto rapporto con lo sport. Nelle prime due puntate mi ero concentrato sui tanti riferimenti "sportivi" nei suoi film: dal pugilato al calcio, soprattutto.


Concludo in questo ultimo articolo dedicandomi innanzitutto alla sua passione per il tennis, condivisa con tanti suoi colleghi, tra cui l'amico Ugo Tognazzi. Inoltre una "chicca" di Gassman in televisione, datata 1959, quando il nuovo medium era, almeno in Italia, ancora in fasce o quasi.


Gassman e l’aggressività trasformata in energia creativa


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Vittorio Gassman non era solo il "Mattatore" del cinema e del teatro: dentro di lui ribolliva un’energia competitiva che aveva bisogno di sfogarsi. In una delle sue confessioni più schiette ammise, riferendosi al suo passato di cestista: «Avevo un tiro preciso, ma soprattutto un’aggressività mostruosa».


Quella forza, che inizialmente esplodeva sul parquet della pallacanestro, non rimase confinata allo sport. Col tempo si trasformò in benzina creativa, alimentando i suoi personaggi più intensi: dall´eroe shakespeariano al protagonista comico che strappa la risata.


Un amore tardivo: il tennis


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C’è però un dettaglio poco noto: Gassman avrebbe voluto un rapporto più profondo con il tennis. Lo scoprì solo oltre i quarant’anni e lo raccontava con un misto di ironia e rammarico: «Troppo tardi per diventare bravo davvero».


Per lui il tennis era l’essenza del puro agonismo, quasi al livello del pugilato: due avversari uno contro l’altro, nessuna squadra a coprirti, solo la tua testa, i tuoi nervi e la tua voglia di resistere. Un confronto senza filtri, senza compromessi.


Nonostante l’età "non più da promettente junior", Gassman si buttò a capofitto. Non poteva contare sulla tecnica, ma sulla sua determinazione sì. E con una punta d’orgoglio raccontava che, ogni tanto, riusciva perfino a sorprendere e battere giocatori "infinitamente migliori" di lui.



Ed è qui che torna fuori il vero Gassman: l’uomo che non accettava i limiti, che trasformava l’agonismo in sfida personale. Sia con la racchetta che con il copione in mano, la sua arma segreta restava sempre la stessa: la capacità di adattarsi e di andare oltre.


Lo sport come palestra di vita (e di teatro)


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Per Vittorio Gassman lo sport non fu mai un semplice passatempo. Allenamenti, disciplina, spirito di squadra e capacità di accettare le sconfitte furono esperienze che, più tardi, avrebbe trasportato sul palcoscenico. Il suo fisico atletico, la voce tonante e la presenza scenica debordante erano il risultato di anni di esercizio, non solo artistico ma anche fisico.


E non è un caso se, nel 1959, Gassman decise di portare lo sport, non solo il basket, in televisione, dedicandogli un’intera puntata de Il Mattatore. Un gesto pionieristico: grazie a lui, la pallacanestro arrivò nelle case degli italiani, in un’Italia che si stava preparando alle Olimpiadi di Roma.


Si può considerare Il Mattatore come la prima trasmissione-contenitore della televisione italiana, una sfida sperimentale che soltanto uno spavaldo coraggioso come Vittorio Gassman poteva ideare e portare nelle case degli italiani. Trasmesso sulla Rete Nazionale ogni mercoledì sera tra febbraio e aprile 1959, dedicava ogni puntata ad un argomento specifico. Secondo Aldo Grasso, Il Mattatore era un programma di «contaminazione dei generi e dei registri», e Gassman, con il suo carisma, seppe cucire tutto insieme come nessun altro


Il Mattatore entra in campo sul piccolo schermo


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La puntata del 25 febbraio 1959 è rimasta storica..Scritto da due dei più conosciuti giornalisti sportivi di allora, Antonio Ghirelli e Maurizio Barendson, in quell'occasione Il Mattatore proponeva come filo conduttore proprio lo sport. Lo show si apriva con Gassman versione "Giove" che mandava i figli in Italia a verificare lo stato di salute dello sport a pochi mesi dall'appuntamento olimpico, a cui tutto il Paese si stava preparando con entusiasmo.


Gli dei-figli di Giove erano impersonati dagli attori Paolo Ferrari, Marina Bonfigli, Hélène Rémy, e da un vero sportivo, altrettanto popolare all'epoca, il pugile Tiberio Mitri. Gli inviati di Giove ritornano sull'Olimpo e riferiscono che gli uomini stanno snaturando e soffocando lo sport.


E mentre Giove con un cablogramma contatta i già famosi Harlem Globetrotters per sfidarli (questo permise all'attore di esibirsi in alcuni palleggi in tunica da antico greco), Mercurio presenta i filmati girati sulla terra.  a partire dal calcio, "un gioco un tempo svolto dalla testa dei dirigenti e dai piedi dei giocatori, oggi i piedi hanno dato la testa ai giocatori e i dirigenti più che con la testa ragionano con i piedi".


Il presidente con la erre moscia



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Uno dei momenti più esilaranti fu l’entrata in scena di Gassman travestito da presidente della squadra "Continental": dentatura finta, erre moscia e tanta ironia. Firma palloni per i "sordastri della Valtellina", ospita in salotto veri campioni, come Bruno Pesaola e Luis Vinicio, che si esibiscono in alcuni palleggi. Lo stesso Gassman si cimenta in palleggi di testa con il mitico John Charles, il calciatore gallese, soprannominato il "Gigante buono", che aveva incantato i tifosi juventini (e non solo) negli anni Cinquanta.


Il tutto condito da trovate teatrali irresistibili: dalla divisa della "Continental" ridisegnata da uno stilista parigino in "avorio e pervinca" (perché «il bianco è così crudo, non telegenico») fino a un monologo amletico sulla retrocessione. Da To Be or Not To Be a "B o non B", con passaggi irresistibili come:


"Ah, dribblare, palleggiare. Palleggiare?

Pareggiare, forse. Ecco il punto che potrà forse sottrarci alla B..."


Un vero gioiello di satira sportiva, sempre con quel tocco di teatro alto, che solo un genio come Vittorio Gassman poteva portare.


La polemica dietro le quinte


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La puntata ebbe anche un retrogusto "politico". I testi di Ghirelli e Barendson, tutti e due napoletani di origine, risentivano della loro polemica con il "padano" Gianni Brera, il grande teorico del "calcio all’italiana". Per la scuola napoletana di Ghirelli, una partita senza gol era noiosa; Brera ribatteva senza mezzi termini: «Il concetto è abbastanza cretino». Così Gassman, con i suoi sketch, finiva per sfottere Brera, muovendo pedine su una lavagna e ridicolizzando l’ossessione difensivista. Anche per lui, come per il duo Ghirelli-Barendson, il calcio era visto non come trincea, ma come spettacolo.


Nella stessa puntata non mancarono altri sport. C’era spazio per i pugili Sergio Caprari ed Emilio Marconi, e persino per l'indimenticabile Gino Bartali, intervistato da un Gassman in gran spolvero: «Sei proprio tu – gli chiese – o sei Tognazzi?». Bartali, ormai direttore sportivo, non si smentì con la sua proverbiale ironia, regalando la celebre battuta: «Tutto sbagliato, tutto da rifare».


Poco tempo dopo lo stesso Gassman, diretto da uno dei maestri della commedia all´italiana, Dino Risi (con cui avrebbe lavorato in molti altri film), portò sul grande schermo il titolo del suo spettacolo Il Mattatore per una pellicola in cui riesce ad esaltare ancora una volta le sue capacità istrioniche.


L´attore come atleta


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Anche negli anni della maturità e della vecchiaia Gassman mantenne viva la sua attività sportiva. Detto del tennis, il "Mattatore" utilizzò sempre la prepotente fisicità della sua presenza come un segno distintivo della sua arte attoriale, che fosse a teatro, sul set cinematografico o in televisione poco cambiava. Tante apparizioni televisive (celebre quella come ospite fisso nella Canzonissima 1972 condotta, manco a dirlo, dal compianto Pippo Baudo) e molti documentari sulla sua attività teatrale testimoniano come a lui piacesse recitare anche con il corpo, ma non come un mimo, bensì proprio come un´atleta.


Proprio questa immagine, forte e statuaria, costruita da anni e anni di pratica sportiva, è ancora oggi nella memoria di tutti coloro che hanno ammirato Vittorio Gassman e lo ricordano ancora come uno dei più grandi attori, non solo in Italia.


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