DIETRO LE QUINTE DEL WRESTLING FEMMINILE: “TEMPORALE ROSY”
- maximminelli
- 6 mar
- Tempo di lettura: 11 min
Aggiornamento: 11 mar

Perché andare a ripescare un film forse secondario nella straordinaria carriera di Mario Monicelli? Perché proprio il wrestling femminile? La spiegazione d’obbligo è legata ad un incontro professionale di pochi giorni fa. Durante un workshop organizzato dalla mia università sull´uso del podcasting nell’insegnamento ho conosciuto Marcus Berger, relatore intelligente, preparato, molto disponibile a rispondere ai nostri quesiti e attento alle nostre opinioni. Spero di potere collaborare con lui, visto che, sogno non proibito, conto di sviluppare questo blog anche come podcast.
Ma cosa c’entra il wrestling con Marcus? Che io sappia lui non lo pratica… Per curiosità qualche mattina dopo, sudando in palestra sul cross-trainer, ho ascoltato una puntata del suo podcast. Intervistata era la wrestler tedesca Jazzy Gabert, che, ora ultraquarantenne, ha aperto un´accademia per giovani. La sua carriera è stata movimentata, fatta di alti e bassi, che l´hanno portata in giro per il mondo: Germania, certo, ma anche Gran Bretagna, Giappone, Francia e Stati Uniti, la mecca del wrestling mondiale.
Alla fine dell´intervista la mia memoria è andata ad una seconda serata televisiva su non so più quale canale privato italiano. Saranno stati gli anni Novanta. „Temporale Rosy“, questo il titolo della pellicola di cui mi occuperò, era uscito nei cinema italiani nel 1980 con un successo peraltro modesto. A quei tempi con i miei amici andavo a vedere film più di cassetta, per cui mi ero perso quest´opera forse sottovalutata di Monicelli, che di lì a due anni sarebbe tornato a trionfare ai botteghini con „Il marchese del Grillo“.
Ritrovare il film è stato difficile. Ho dovuto fare salti mortali su internet, addirittura impazzire per sottotitolare l’unica copia disponibile online, visto che è in ungherese… Non me lo ricordavo così e sono contento di averlo „dovuto“ rivedere.
Lo spettacolo del Wrestling femminile
Non sono mai stato uno spettatore del wrestling, che dagli anni Ottanta ha avuto molto spazio sui canali tv privati. Mi è sempre sembrato uno spettacolo brutale, palesemente costruito, con quella ricerca della teatralità tutta americana: insomma, un´esibizione degna di un circo equestre, niente di più. Ho cominciato a ricredermi grazie ad un altro film, “The Wrestler” (2008), un vero e proprio capolavoro con un ritrovato Mickey Rourke, opera a cui dedicherò presto un articolo.
“Temporale Rosy” ci offre, per contro, la possibilità di osservare da vicino questo sport-spettacolo attraverso le sue protagoniste. Il wrestling femminile rappresenta un fenomeno culturale e sportivo che, nonostante la sua storica presenza nel panorama internazionale, ha sempre faticato a trovare un adeguato riconoscimento, soprattutto in Italia. Tra stereotipi, pregiudizi e una visione spesso distorta, questa disciplina è rimasta per anni confinata ai margini del mondo sportivo più sotto i riflettori dei media. Ma cosa succede quando un regista come Mario Monicelli decide di portare questa realtà sul grande schermo? E qual è oggi la situazione del wrestling femminile nel nostro paese? A queste domande cercherò di rispondere prendendo quindi come spunto il gradevole, ma un po´ sfortunato film del grande maestro del cinema.
Amore, violenza e muscoli: la storia di “Temporale Rosy”

Di cosa tratta “Temporale Rosy”? Ispirato all'omonimo romanzo umoristico di Carlo Brizzolara, che collaborò alla sceneggiatura, il film è una sorta di viaggio picaresco nel mondo del wrestling europeo, soprattutto femminile. L’incontro tra i protagonisti è burrascoso. Li unisce l’amore per uno sport violento, per la fatica, il sudore e il dolore.
L’intera storia è narrata in flashback: il Conte (Gianrico Tedeschi), annunciatore in un tour di wrestling femminile, introduce il racconto tumultuoso di Rosy la Burrasca (Faith Minton), una lottatrice dalla forza erculea, dai muscoli possenti ma dal volto delicato, e delle sue passioni amorose, in particolare quella per Raoul “Spaccaporte” Lemmar (Gérard Depardieu). Raoul è un pugile fallito che, all’inizio del film, distrugge la propria carriera con un gesto avventato: colpendo con rabbia una porta, si frattura una mano, compromettendo per sempre il suo futuro nel pugilato. Ridotto a gestire un baraccone in un luna park, Raoul rimane affascinato dalla straordinaria forza di Rosy, che vince un semplice pesce rosso, ma allo stesso tempo conquista il suo cuore.
Qualche mese dopo, nel nord della Francia, si esibisce la compagnia di wrestling di Rosy. Tra gli spettatori c’è proprio Raoul, invitato come vecchia gloria dello sport. L’attrazione tra lui e Rosy è innegabile. Mike Fernandez (interpretato dall´ex lottatore tedesco Roland Bock), il manager della compagnia, a sua volta segretamente innamorato di Rosy, percepisce immediatamente la connessione tra i due e viene divorato dalla gelosia. Le tournée in giro per il nord Europa rafforzano il legame tra Rosy e Raoul, ma non mancano le tensioni. La loro relazione è appassionata ma tempestosa. Raoul, insofferente nel ruolo di semplice spettatore e destabilizzato dall’ambiente del wrestling, all’insaputa di Rosy trova lavoro in un porto .
Se Raoul è profondamente innamorato di lei, Rosy sembra non ricambiarlo con la stessa intensità. Per ingelosirla, Raoul si mette allora con una parrucchiera, Charlotte (Helga Anders). Rosy, per ripicca, si lega a Mike e i due annunciano il proprio matrimonio durante una serata di gala. Raoul, presente alla scena, reagisce impulsivamente, dichiarando di voler tornare a fare il pugile per riconquistare la lottatrice. Scoppia una rissa generale. Tuttavia, anche tra Rosy e Mike le cose non funzionano.
Intanto il ritorno di Raoul sul ring si rivelerà un disastro. Rosy, testimone della sua sconfitta, ne è sconvolta: dopo il match, affronta e mette al tappeto l’avversario di Raoul, Bill. Mike, intuendo che Rosy ama ancora Raoul, decide di lasciarla, ma le fa credere che la decisione sia stata sua. La discussione che ne segue provoca a Mike un infarto, che lo costringe a ritirarsi definitivamente dalla scena.
Alla stazione, Rosy vede Raoul partire con Charlotte. Con il cuore spezzato, fugge via. Il Conte rivela a Raoul la rottura tra Rosy e Mike e la malattia di quest’ultimo. Raoul si mette alla ricerca di Rosy e, anni dopo, la ritrova: lei lavora come cameriera in un bar portuale, consumata dal dolore. Il loro ricongiungimento suggella finalmente il loro amore e porta al tanto atteso happy end.
Il wrestling ridefinisce i ruoli tra sessi
Ambientato tra Francia e Italia, “Temporale Rosy” rappresenta un tentativo audace di esplorare un universo allora pressoché sconosciuto al grande pubblico italiano. Come ha scritto Roberto Bosio nella sua monografia dedicata al regista toscano, ci troviamo “in un mondo di perdenti ricco di suggestion felliniane”, e lo definisce uno dei migliori film di Monicelli, a dispetto del disastroso risultato di pubblico.

Monicelli, con la sua consueta sensibilità, non si limitò a utilizzare il wrestling come mero sfondo esotico, ma ne fece un elemento centrale della narrazione, esplorando le dinamiche sociali, economiche e personali che ruotavano attorno a questo sport.
"Temporale Rosy” diventa così non solo un film sul wrestling femminile, ma una riflessione sulla condizione femminile in un'epoca di transizione. La protagonista incarna la figura di una donna che lotta – letteralmente – per affermarsi in un mondo dominato da logiche maschili. Il ring diventa metafora di uno spazio di emancipazione, dove la forza fisica si trasforma in strumento di autodeterminazione.
Raoul, abituato a incarnare il classico modello di mascolinità, fatica ad accettare l’indipendenza e la forza fisica della sua compagna. Rosy, al contrario, è determinata a costruirsi un futuro nel wrestling, sfidando i pregiudizi di un ambiente ancora dominato dagli uomini. Attraverso allenamenti estenuanti, incontri spettacolari e momenti di crisi sentimentale, infatti il film mette in discussione i ruoli di genere tradizionali. Il wrestling diventa una metafora della lotta femminile per l’indipendenza, mostrando il sacrificio necessario per ottenere riconoscimento in una società ancora legata a schemi patriarcali.
Ciò che colpisce, rivedendo il film a distanza di oltre quarant'anni, è la modernità dello sguardo di Monicelli. Il regista evita sia la facile spettacolarizzazione del corpo femminile, sia l'eccesso di drammatizzazione. Il wrestling viene rappresentato nella sua duplice natura di sport e intrattenimento, con un rispetto raro per l'epoca.
Rappresentazione del wrestling femminile nel film
Monicelli scelse di rappresentare il wrestling femminile con un approccio quasi documentaristico e molto realistico. Le scene di combattimento sono girate con attenzione ai dettagli tecnici, mostrando non solo la spettacolarità delle mosse, ma anche la preparazione fisica e mentale che sta dietro ogni incontro.
La scelta di Faith Minton per il ruolo principale fu particolarmente significativa: scoperta per caso da Monicelli durante un soggiorno negli Stati Uniti, la Minton, con il suo fisico imponente e la sua presenza scenica, riuscì a rendere credibile il percorso di una donna che trova nel wrestling la propria strada. Interessante notare come il film eviti accuratamente di sessualizzare le lottatrici, concentrandosi invece sulla loro atleticità e determinazione.
Il film, infatti, esplora anche il dietro le quinte di questo mondo: i sacrifici, gli allenamenti, le dinamiche di potere tra promoter e atlete. Monicelli non nasconde gli aspetti più crudi e commerciali del wrestling, ma li inserisce in un contesto più ampio, dove emerge la dignità professionale delle lottatrici.
Un altro aspetto rilevante è il modo in cui viene rappresentato il pubblico del wrestling femminile. Monicelli mostra una platea variegata, composta non solo da uomini in cerca di uno spettacolo pruriginoso, ma anche da famiglie e veri appassionati. Questa scelta narrativa contribuisce a legittimare il wrestling femminile come forma di intrattenimento sportivo a tutti gli effetti.
Evoluzione storica del wrestling femminile
Per comprendere appieno la portata innovativa di "Temporale Rosy", è utile tracciare una breve storia del wrestling femminile, le cui radici risalgono agli inizi del XX secolo, quando nei carnival show americani iniziarono ad esibirsi le prime lottatrici. Già negli anni '30 e '40, figure come Mildred Burke contribuirono a legittimare questa pratica sportiva.
Il wrestling femminile ha attraversato diverse fasi: dai primi incontri spesso percepiti come curiosità esotiche, alla progressiva strutturazione di circuiti professionistici negli anni '50 e '60. Quando Monicelli realizzò il suo film, il wrestling femminile viveva una fase di transizione: pur esistendo competizioni regolari in paesi come Stati Uniti, Giappone e Messico, questa disciplina faticava ancora a trovare una propria identità distinta dalla controparte maschile.
Infatti "Temporale Rosy" si colloca in un momento storico peculiare: gli anni '80 avrebbero visto una commercializzazione sempre più spinta del wrestling, culminata nel fenomeno della WWE (allora WWF) che, per quanto riguarda la divisione femminile, avrebbe privilegiato per anni l'aspetto estetico rispetto a quello atletico - un approccio molto diverso da quello mostrato nel film.
Secondo lo storico del wrestling Pat Laprade, co-autore di "Sisterhood of the Squared Circle: The History and Rise of Women's Wrestling" (2017), "gli anni '70 e '80 rappresentarono per il wrestling femminile un periodo di transizione tra la serietà agonistica delle pioniere e la commercializzazione degli anni '90".

Wrestling femminile in Italia: una storia di assenze
Se nel contesto internazionale il wrestling femminile ha conosciuto alterne fortune, in Italia la sua storia è caratterizzata principalmente da assenze. Quando "Temporale Rosy" uscì nelle sale, il wrestling professionale nel nostro paese era praticamente inesistente, tanto nella versione maschile quanto in quella femminile.
La tradizione italiana del wrestling professionale, che aveva avuto un momento di popolarità negli anni '60 e '70 con figure come l´ex-mito del pugilato Primo Carnera e Bruno Sammartino (anche se quest'ultimo sviluppò la sua carriera principalmente negli Stati Uniti), era in fase di declino. Il film di Monicelli, paradossalmente, rappresentava una realtà che gli spettatori italiani conoscevano solo attraverso rare immagini televisive o racconti di seconda mano.
Questa assenza ha contribuito a rendere "Temporale Rosy" un'opera per certi versi visionaria: Monicelli intuì il potenziale narrativo e simbolico del wrestling femminile, quando in Italia non esisteva nemmeno un contesto di riferimento per questa disciplina. Il film, forse anche per questo motivo, non riscosse un grande successo commerciale e rimane ancora oggi una delle opere meno conosciute del regista.
Secondo Laura Guglielmi, autrice di "Sport e donne in Italia: storia di una marginalizzazione" (2019), "il wrestling femminile non riuscì mai a penetrare nella cultura sportiva italiana, ostacolato sia dai pregiudizi di genere sia dalla generale diffidenza verso sport considerati 'americanizzati'".
Situazione attuale del wrestling femminile in Italia
Negli ultimi vent'anni, il panorama del wrestling in Italia ha conosciuto una lenta, ma significativa evoluzione. Con l'avvento di internet e la maggiore accessibilità dei contenuti internazionali, anche nel nostro paese si è sviluppata una comunità di appassionati che ha portato alla nascita di diverse federazioni indipendenti.
Federazioni come la ICW (Italian Championship Wrestling), la WIVA (Wrestling Is Virtually Anywhere) e la Rising Sun hanno contribuito a creare un circuito nazionale che, pur rimanendo di nicchia, ha permesso lo sviluppo di talenti locali. In questo contesto, anche il wrestling femminile ha trovato uno spazio, seppur limitato.
Atlete come Miss Monica, Queen Maya, Electra e Flavia Severin hanno rappresentato le pioniere del wrestling femminile italiano, affrontando non solo le difficoltà legate all'essere donne in uno sport tradizionalmente maschile, ma anche quelle derivanti dalla mancanza di strutture, opportunità e riconoscimento nel contesto nazionale. Le lottatrici italiane hanno spesso dovuto cercare opportunità all'estero, partecipando a show in Germania, Inghilterra o Spagna per acquisire esperienza e visibilità. Alcune sono riuscite a partecipare a tryout per le maggiori federazioni internazionali, come WWE o AEW, anche se nessuna italiana è ancora riuscita a firmare un contratto a tempo pieno con queste compagnie.
La situazione attuale rimane complessa: se da un lato si registra un crescente interesse verso il wrestling femminile, testimoniato dall'aumento di atlete nei roster delle federazioni italiane, dall'altro permangono problemi strutturali che ne limitano lo sviluppo. La mancanza di programmi di formazione specifici, di opportunità economicamente sostenibili e di una rappresentazione mediatica adeguata rappresentano ostacoli significativi. Secondo un'intervista del 2023 rilasciata a "Ringside Italia", importante sito di informazione sul wrestling nel nostro paese, Sara Amato (lottatrice e allenatrice presso ICW) ha dichiarato: "Il wrestling femminile in Italia sta crescendo, ma abbiamo ancora molta strada da fare."

Progressi e sfide future
Nonostante le difficoltà, negli ultimi anni si sono registrati alcuni segnali positivi. L'evoluzione del wrestling femminile a livello internazionale – con eventi come il Mae Young Classic della WWE o il successo di federazioni come Shimmer negli Stati Uniti e Stardom in Giappone – ha avuto un impatto anche sulla scena italiana.
Le federazioni locali hanno iniziato a investire maggiormente nella divisione femminile, organizzando match titolati e dando alle atlete spazi più significativi nei loro show. La ICW, in particolare, ha istituito un titolo femminile e ha promosso incontri, dove le lottatrici si confrontano alla pari con i colleghi maschi.
Anche a livello di formazione si registrano progressi: alcune scuole di wrestling hanno sviluppato programmi specifici per aspiranti lottatrici, tenendo conto delle particolarità tecniche e fisiche del wrestling femminile. L'arrivo in Italia di seminari tenuti da veterane internazionali ha contribuito a elevare il livello tecnico delle atlete locali.
Secondo i dati pubblicati nel rapporto annuale "Lo stato del wrestling italiano" (2024) curato dall'Osservatorio Italiano sul Wrestling Professionale, negli ultimi cinque anni si è registrato un aumento del 45% delle lottatrici attive nel circuito nazionale, con un corrispondente incremento del 30% nel numero di match femminili presentati negli show delle principali federazioni.
Rimangono tuttavia sfide significative. Il wrestling professionale in Italia continua a essere un fenomeno di nicchia, con un pubblico limitato e possibilità economiche ridotte. Per le lottatrici, in particolare, è quasi impossibile considerare il wrestling come una professione a tempo pieno, costringendole a conciliare la passione per il ring con altre attività lavorative.
Anche a livello culturale persistono barriere: stereotipi e pregiudizi continuano a influenzare la percezione del wrestling femminile, spesso ancora visto come una curiosità piuttosto che come una disciplina sportiva legittima. I principali media dedicano poco spazio a questo fenomeno, limitandone la visibilità al pubblico generale.
Conclusione: da Rosy al futuro
Ripensando a "Temporale Rosy" nel contesto attuale, colpisce come molti dei temi affrontati da Monicelli nel 1980 rimangano rilevanti. La lotta delle donne per affermarsi in un ambiente tradizionalmente maschile, le contraddizioni tra sport e spettacolo, la commercializzazione del corpo femminile – sono tutte questioni che continuano a caratterizzare il dibattito sul wrestling femminile. Il film del regista toscano, a suo modo, anticipò un'evoluzione che in Italia si sarebbe manifestata solo decenni dopo. La visione del regista, che mostrava il wrestling femminile come spazio di empowerment e non solo come curiosità esotica, trova oggi riscontro nelle aspirazioni delle nuove generazioni di lottatrici italiane.
Il cammino verso una piena legittimazione del wrestling femminile in Italia rimane lungo e complesso. Serviranno maggiori investimenti, una rappresentazione mediatica più accurata e un cambiamento culturale che permetta di superare pregiudizi ancora radicati. Ma guardando alle pioniere che oggi calcano i ring italiani, è impossibile non vedere un riflesso della determinazione di quella Rosy immaginata da Monicelli quarant'anni fa.
Forse, proprio come in tanti suoi indimenticabili film, anche nel wrestling italiano le donne stanno reclamando il proprio spazio attraverso una commedia (quella inscenata dalle atlete sul ring) che, dietro l'apparente leggerezza, nasconde una profonda riflessione sulla società e sui suoi cambiamenti. E se il grande regista fosse ancora tra noi, probabilmente sarebbe in prima fila a seguire questa evoluzione.
Comments